Venerdì 17 dicembre si è svolta la cerimonia di saluto al nostro caro Francesco Croci, presidente emerito, fondatore e colonna del nostro coro. Francesco ha lasciato un vuoto incolmabile all’interno del Coro, ma la sua voce resterà indelebilmente unita alle nostre, che ieri, hanno fatto quello che sanno fare meglio: cantare.
Assieme ad altri cantori della zona e membri di gruppi limitrofi si sono alzate, commosse, le note e le parole di canzoni a lui care. Abbiamo pensato che fosse l’unico modo di esorcizzare il dolore e tributargli l’affetto che proveremo per sempre.
“All’alba del mattino”, “Marì Betlemme”, “Signore delle cime”, “Sei bella sei splendida”, “Amici miei” oltre alla sua preferita “Amara terra mia (Nebbia alla valle)”, quest’ultima cantata assieme a Francesco, ne siamo certi, che da qualche parte avrà fatto notare a qualcuno che.. “la tonalità era bassa”.
Oltre alla musica, altrettanto sentite e commosse parole sono arrivate a far vibrare le personali corde di ognuno dei partecipanti nella gremita chiesa di Quara.
La nostra direttrice, Mirka Cassinadri, ha letto alcuni pensieri scritti per lui, una lettera sincera e accorata, un dipinto perfetto del carattere di Francesco che sapeva conquistare tutte le persone che incontrava.
Di questa lettera riportiamo il testo:
” Ciao Francesco, Picchio (come ti chiamavano tutti). Ci hai fatto un bello scherzo sai? Pochi giorni fa mi avevi promesso che saresti tornato a cantare…
Ti ho conosciuto esattamente un anno fa, abbiamo riso molto insieme e ci siamo anche confrontati molte volte sui brani e sulle diverse parti da studiare, con la determinazione che ti contraddistingueva.
Eri il corista un po’ indisciplinato, quello che canta ininterrottamente per tutta la durata delle prove, anche quando era necessario fare silenzio per ascoltare le melodie dei nuovi brani o le altre parti.
Mi hai accolto con il sorriso diffidente, e poi subito benevolo, come era nella tua indole. E in questo anno insieme sono stata per te “Ninin D’Or”, “Cocca” (in onore a questo, la clavietta che dà le note porta questo nome) e tanti altri soprannomi che ci hanno fatto sempre sorridere e che io e i tuoi compagni coristi terremo sempre nel cuore.
Eri sempre pieno di energia, sempre pronto a raccontare le tue avventure, a parlare del tuo cane e a cantare.
Eri tu, al “Dopo Coro” l’anima della gesta. Instancabile, energico e sorridente. Si, eri sempre sorridente anche quando qualche problemino ti faceva tribolare. Un esempio per tutti noi, il tuo coraggio nell’affrontare la malattia, come affrontare a testa alta le avversità della vita.
Lo scorso giugno, in Val Pusteria, abbiamo cantato con te per tre giorni, ridendo quando le parole o le tonalità dei brani non erano esatte.
Oggi ci salutiamo, e salutiamo una colonna e fondatore del Coro Vocilassù, nato esattamente trent’anni fa, un bravissimo tenore secondo, solista e grande amico.
Sei volato in cielo e sarai lassù a cantare con gli angeli con la mano all’orecchio come facevi sempre. Con il tuo immancabile cappello. Ora, lassù, potrai raccontare a tutti le avventure tue e del Coro.
Ai coristi che arriveranno racconteremo di Picchio, della sua bella voce e della bella persona che era e di quante cose ci ha insegnato in questi trent’anni di Coro.
Caro Francesco, non ti dimenticheremo mai. Ti porteremo in ogni nostro canto, ad ogni prova, ad ogni nostro concerto, col Tuo e nostro Coro Vocilassù. Continua a cantare con noi dal cielo, e così, manterremo la promessa di essere ancora assieme.
Siamo vicini a Cristina e a tutti i tuoi famigliari e anche noi Vocilassù ci sentiamo, insieme a loro, parte della tua famiglia.
Mi mancherai Francesco, ci mancherai.”
Intense e cariche di significato anche le parole di Don Giuseppe Lusuardi che ha celebrato le esequie:
“E vennero a lui alcuni con un paralitico portato da quattro uomini.
Non potendo farlo giungere fino a lui a causa della folla, scoperchiarono il
tetto dalla parte dov’era Gesù; e, fattavi un’apertura, calarono il lettuccio sul
quale giaceva il paralitico”.
La scena: c’è un paralitico, tentano di passare dalla porta principale ma nessuno lo fa passare. Tutti hanno validi motivi per cui non cedere il posto.
Eppure anche lui ha diritto di arrivare da Gesù. I suoi amici escogitano un modo. Si arrampicano, scoperchiano il tetto e lo calano da lassù.
Dice il Vangelo: “Gesù, veduta la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, i
tuoi peccati ti sono perdonati»”.
Il vangelo non ci dice: veduta la sofferenza di quest’uomo o ascoltata la sua
preghiera.
Il vangelo dice che Gesù vedendo la fede audace e creativa di questi amici
perdona i peccati a quest’uomo…permette all’umanità di essere migliore.
Che cos’è tutto questo se non la stessa creatività che ci viene chiesta a noi
Chiesa di portare “chi è fuori” da Gesù?
Delle volte il nostro mondo è come un paralitico incapace di reggersi in piedi
e di andare da qualche parte… basta un lutto, una malattia grave…
Il nostro mondo non ha speranze che lo aiutano a stare davvero in piedi…
Ma bastano quattro amici che si mettono insieme ed ecco che questo
paralitico può svoltare.
La Chiesa, la vera comunità… è lì dove ci sono quattro amici che con fede
trovano il modo di portare questo mondo al cospetto di Dio. La loro
preghiera, la loro testimonianza, i loro sacrifici, la loro creatività, la loro
missionarietà ottengono il perdono del paralitico…un’altra possibilità di vita
La vita di Francesco…
Come tanti hanno detto o scritto, anche sui social, è stata una grande persona,
amante del territorio, della Chiesa, di compagnia, il lavoro…del bel canto…
E come lui… quante altre persone nel corso della nostra vita il Signore ha
posto lungo la nostra strada per indicarci che la “VIA dei 4 amici” della
parabola contribuisce a costruire un mondo migliore, una civiltà dell’amore…
Ma quante volte noi – in varie situazioni, anche funerali – siamo stati solo
spettatori, o curiosi o solo partecipi di un evento…come gli altri personaggi
della parabola che non volevano perdersi l’evento Gesù impedendo ai più
bisognosi di affacciarsi alla speranza.
Non va bene essere così.
Se credi nella vita, se dici di essere amante della vita costi quello che costi,
allora, per riprendere la passione del bel canto di Francesco, ricordati che
Puoi anche cantare da solo… ma il canto è fatto per dare gioia a te e agli altri
Puoi anche inventarti delle melodie da solo, ma solo se le condividi avrai la
gioia di sentire che non sono solo note, ma un mezzo per dare speranza,
consolazione… a tanti.
E ricordati, che certi canti sì sono da solista, pur rispettando le finalità che
dicevo prima, ma la maggioranza dei canti è fatta per essere proposta e
cantata insieme… E allora anche il bel canto diventa paradigma della vita:
non si cresce da soli, ma nella condivisione di ciò che si sta vivendo in quel
momento, andando coi tempi giusti, insieme…ascoltando, non volendo
dominare col tono… attendendo alle direttive del maestro…e allora sì che
l’esecuzione sarà apprezzata…
Finché ci saranno credenti, delle persone così come i quattro della parabola,
questo mondo non è perduto totalmente ma ha ancora una possibilità. Non
dobbiamo quindi rassegnarci, ma dobbiamo ingegnarci come questi quattro
barellieri. È questa l’ansia missionaria che ci deve sempre animare. Lo
dobbiamo anche a chi ci ha preceduto come per es. a Francesco che oggi
salutiamo in questa Chiesa che ha tanto amato. AMEN!“
Ciao Francesco, ci salutiamo ancora ma non finisce qui. Chissà quante altre volte ti ritroveremo nelle parole, nelle canzoni, nelle persone e magari, senza nemmeno farci caso, porteremo la mano sinistra all’orecchio, alla tua maniera.
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